Bisogno di eroi

 

Ho proiettato in una classe il filmato realizzato dall’IIS ASTEAS Buccino sul viaggio di Enaiatollah Akbari dall’Afghanistan all’Italia. È il viaggio raccontato da Fabio Geda nel libro “Nel mare ci sono i coccodrilli” realizzato sotto forma di animazione. Credo che il libro sia abbastanza famoso tra chi si occupa di istruzione e formazione e non necessiti di informazioni che comunque si possono trovare qui.

L’ho proiettato in una classe un po’ particolare in cui sono inseriti ragazzi fino a 24 anni che sono stati esclusi (spesso autoescludendosi) da ogni percorso formativo o non hanno potuto frequentare le scuole italiane prima d’ora. Il percorso formativo si sviluppa su 600 ore, la metà delle quali sono svolte durante uno stage aziendale. Scopo del percorso è tentare un inserimento lavorativo. Sono tentativi quasi disperati, ma qualche volta, eccezionalmente, funzionano. Si tratta quindi di classi particolarmente difficili, sia perché l’utenza è particolarmente vivace, sia perché spesso vengono inseriti ragazzi arrivati dall’Africa, dall’Asia o dal Sud-America che accettano la proposta formativa per mancanza di alternative.

Talvolta non è possibile gestire i diversi piani in cui è sezionata la classe. Alcuni parlano italiano, altri parlano solo francese, spagnolo, wolof. Alcuni conoscono l’Italia, altri sono arrivati da poco. Entrando in aula non ho mai un obiettivo didattico specifico: cerco di insegnare qualcosa, come al solito, com’è ovvio, ma spesso riesco solo a uscirne ancora di buon umore o non così arrabbiato, nonostante sia accaduto di tutto.

Ecco, ho fatto vedere quel filmato, nel tentativo di catturare l’attenzione.

Non è venuto giù il soffitto per il successo dell’iniziativa. Qualcuno comunque ha deciso di ascoltare. Gli altri hanno sonnecchiato, o fatto qualche battutina, ma senza esagerare.

Tra chi ascoltava c’era un ragazzo senegalese. Non credo capisse tutto, parla un italiano discreto, ma ha un vocabolario molto limitato. Però mi è sembrato che man mano che il viaggio di Enaiatollah procedeva verso la destinazione finale, il ragazzone senegalese ripercorresse un qualche suo ricordo. Alla fine i suoi occhi erano lucidi. Ma piangere, no, in quell’arena non conviene proprio: gli altri ti massacrerebbero.

Gli ho solo chiesto se era stato in Libia. Ho dovuto ripeterglielo due volte. Sembrava che prendesse tempo prima di dirmi che era arrivato con Meridiana. Non so se mi abbia mentito, se sia stato sincero. Ma penso abbia capito molto bene l’argomento del video.

Io mi ero già fatto tutto il suo film. L’attraversamento del deserto, la permanenza in Libia, i barconi, i centri di accoglienza. Mi sono vergognato di questo mio bisogno di eccezionalità, cioè della speranza di essere d’aiuto a qualcuno che ne ha passate tante. Cresciuto con il mito di Ken Parker e Corto Maltese, ogni tanto mi immagino eroe e giustiziere di torti e ingiustizie. Ma un conto è l’epica, altro è la realtà. Soprattutto quando si gioca sulla pelle altrui.

Il mio compito – minimo, impiegatizio, certo non eroico – lo svolgo, credo, perché molti di quei ragazzi ne passano tante comunque, hanno il sesto senso per cacciarsi nei guai, senza il bisogno di attraversare deserti e mari.

Ma eroismo proprio no: la condizione ideale per un formatore di CFP sarebbe che nessuno avesse bisogno di lui, come un Paese beato che non ha bisogno di eroi. Ma resterei disoccupato.

 

Pubblicato da divarioscolastico

Faccio formazione nei CFP e nelle agenzie formative da 15 anni.