Distanza e presenza

C’è fermento sulla questione formazione a distanza o in presenza. La polemica è sempre stata vivace, ma si è ravvivata dopo questo articolo e quest’altro. Mi domando se debba schierarmi e lottare per le mie convinzioni.

Il guaio è che non ho solide convinzioni. Non so da che parte stare. Sono liquido. Mi pare che tutti abbiano ragione. O torto.

La didattica a distanza è perlomeno antipatica. Ma un anno fa era peggio. Mi sono accorto che le lezioni sono migliorate. Inizio a percepire qualche segnale di passaggio di sapere, qualche scintilla emotiva, un timido incremento di attenzione e di partecipazione, magari non corale, ma nemmeno dovuta ai soliti allievi diligenti. Mi è parso che la magia della formazione si fosse rimessa in corso. Le lezioni sono ancora insufficienti e inadeguate, lo riconosco, ma Roma non fu costruita in un giorno. Inizio a pensare che quando il Covid se ne andrà – prima o poi deve accadere – le lezioni a distanza invece non scompariranno del tutto. Rimarranno: in misura minoritaria, occasionale, ma non ce ne libereremo più. Non è detto che sia un male, credo ci sia del buono da lasciar decantare per comprendere meglio.

Per ora non è ancora il caso di ragionarci su. Lasciamo che le bocce si fermino.

Riguardo alla didattica classica è stato detto in cento modi e forme che la scuola non può ridursi a essere solo un luogo di nozioni apprese; è anche partecipazione, socialità, gruppo. È indubbiamente vero: è un aspetto importantissimo, è molto più bello. Sicuramente, per ora, è anche più efficace.

Gli adolescenti si lamentano, ma non ricorrono a toni catastrofici. Colgono i vantaggi della situazione. Si lamentano molto di più per le serate trascorse in casa o per gli impedimenti alla loro vita extra-scolastica. Soffrono il coprifuoco, la mancanza di incontri, la fisicità impedita, l’aumento dei controlli. Il fatto che qualcuno tra di loro porti il banco davanti al portone scolastico fa folklore più che statistica. Lamentano di perdere gli anni migliori. Non lamentano di perdere gli anni formativi migliori.

Che sia distanza o presenza, la didattica non piace comunque. E non lo nascondono. Sono pochi quelli che lamentano di non poter comprendere a fondo la Riforma e la Controriforma, il Dolce Stil Novo, la Costituzione. So che rischio di passare per vecchio brontolone, ma tant’è. Quando provo a ricordare loro che cosa dev’essere stata l’esperienza dello studio durante la guerra, o sotto una dittatura, o nel mezzo di una carestia, dura fatica riuscire a farsi comprendere. Sono giovani e hanno il diritto di divertirsi prima di iniziare a prendere la vita sul serio, dicono. Che la vita possa essere bella anche quando la giovinezza non ci sarà più, ai loro occhi non è un argomento sufficientemente persuasivo.

Mi domando però quanta parte abbiano le loro esigenze e quanto siano il risultato di un’esigenza genitoriale. Perché i genitori mi sembrano più arrabbiati degli allievi. Manifestano, si mobilitano, protestano. Uniti come non sono mai stati prima. Vogliono la scuola aperta. In questo caso rivendicano l’importanza dell’istituzione scolastica. La stessa che alcuni tra di loro disprezzavano in cento modi.

Forse la scuola, da istituzione educatrice e socializzante di cui – prima – non riconoscevano il valore, sta diventando importante. Non per la sua funzione sociale, bensì come luogo dove lasciare i figli. Osservo le loro proteste: non chiedono una scuola sicura, educante, formativa. Chiedono scuole aperte per lasciarvi i figli. Sicuramente sono schiacciati da numerose difficoltà acuite dalla pandemia, ma la scuola non è un parcheggio gratuito e custodito dal quale entrare e uscire a piacimento. Anche in questo caso mi sembra di vedere genitori che si sostituiscono agli allievi spacciando per problemi dei ragazzi quelli che in realtà sono problemi loro. Questo non rende meno grave la problematica, però la distorce.

Probabilmente queste famiglie hanno ragioni valide e ribadisco che la presenza a scuola è un fatto positivo, è la situazione migliore. Ma sottolineo che la scuola non è nata per supplire alla gestione dei figli, bensì per istruirli e formarli e per questa ragione vorrei che tanta mobilitazione popolare restasse sempre attiva. Anche quando il Covid se ne sarà andato.

La scuola è scuola sempre, anche quando sanziona, quando esige, quando valuta. Non è una comodità libera e gratuita affinché i genitori possano liberarsi dal fardello dei figli. È un diritto, certo, ed è giusto che esprimano il loro parere e diano il loro contributo. Sarebbe stato gradito che tanto amore per la formazione fosse stata presente anche prima del Covid. E sarebbe auspicabile che continui a esserci quando scomparirà lasciandoci alle prese, ancora e di nuovo, con i soliti problemi che saranno ancora lì, tra banchi e corridoi.

Pubblicato da divarioscolastico

Faccio formazione nei CFP e nelle agenzie formative da 15 anni.