Essere o non essere

E una discreta quantità di anni che insegno, ma solo oggi ho riconosciuto davanti agli allievi di una classe prima che non sono capace di insegnare loro come scrivere senza incertezze la “è” è la “e”.

Ho spiegato loro che non sono mai riuscito è che ci provo ogni autunno all’inizio del percorso triennale. Faccio esempi, spiego il verbo essere, uso le congiunzioni, impiego un’ora, a volte due è al tema seguente e tutto come prima.

Mi sono sforzato di ricordare come avevo fatto io a imparare, ma e un ricordo troppo lontano, ormai inattingibile.

Oggi ho detto ai ragazzi che fino ad allora, per tanti anni, ero stato un fallimento. So spiegare più o meno bene altre cose, come fare un tema, a cosa serve la storia, la rivoluzione francese, i diritti umani… ma non sono capace di spiegare qual e la differenza tra la “è” è la “e”.

Nonostante fosse per loro la settima ora di scuola mi hanno ascoltato. Avranno pensato che io fossi pari a un pescivendolo babbeo che dichiara di non avere pesce fresco: un altro povero scemo messo nel posto sbagliato.

Detesto la grammatica così come detestavo il solfeggio è le tabelline, quindi con molta rassegnazione ho iniziato a spiegare la differenza tra una è l’altra. Dopo pochi minuti, dieci, quindici, non ci ho fatto caso, ho visto che mi stavo di nuovo infognando.

“Va bene. Come vedete non riesco a spiegarmi. Dunque provateci da soli. Scrivete cinque frasi per tipo: cinque con la è, cinque con la e. Vanno bene anche frasi semplici, di poche parole”.

Non si è lamentato nessuno. Di solito appena pronuncio la parola scrivere iniziano le proteste. I più lesti hanno finito in pochi minuti. Minuti che sono stati sufficienti a individuare i ragazzi in difficoltà. Ho controllato velocemente i loro quaderni e poi li ho affiancati ai compagni più lenti.

E successo qualcosa che non avrei nemmeno immaginato. Buona parte dei ragazzi deboli (si dice così?) sono riusciti a scrivere frasi corrette. Non sono in grado di spiegare cosa sia accaduto in ogni coppia, riesco solo a fare un paio di supposizioni.

La prima: ho detto che sono scarso anch’io. Il tuo insegnante e scarso come te, quindi non avere paura di sbagliare.

Come seconda supposizione mi viene da credere che spiegare non serva, serve invece provare e riprovare. Definiamolo primato dell’intuizione sul ragionamento.

Conseguentemente, la terza ipotesi e che non si debba avere fretta. C’e bisogno di tempo. Non ci vogliono scadenze o impazienze. Con la giusta quantità di tempo si riescono a fare molte più cose. Inizio a pensare che il decadimento dell’istruzione dipenda dalla scarsità di tempo dedicato ai singoli argomenti. Di pensiero in pensiero ipotizzo che l’aumento dei disturbi specifici dell’apprendimento derivi dalla fretta di iniziare a scrivere, poco importa in quali condizioni, ma sono solo pensieri di un formatore inadeguato.

Infine, forse, un ragazzo sa usare le parole giuste per dare indicazioni a un altro ragazzo, chi lo sa. Fatto sta che loro ce l’hanno fatta in pochi minuti è io invece mi ci sono scornato per anni.

Pubblicato da divarioscolastico

Faccio formazione nei CFP e nelle agenzie formative da 15 anni.