Fine anno

Ogni volta che arriva la fine dell’anno mi ritrovo a ragionare sulle insufficienze. Già cerco di evitarle durante l’anno, figurarsi a fine anno, quando non c’è più la possibilità di rimediare.

In teoria se uno evita di dare insufficienze nel corso dei nove mesi che precedono giugno, poi non avrà questi dubbi a fine anno. Ma il più delle volte le insufficienze sono conseguenti a una scala di valutazione che si cerca di rendere obiettiva a garanzia di tutti. Se è raro che dia un’insufficienza in un tema (c’è sempre un appiglio cui aggrapparsi per non essere fiscali) diventa più difficile con le prove a risposta chiusa: qui la risposta giusta c’è e se si sbagliano più della metà delle risposte allora si è insufficienti.

Ho provato a rendere facili le domande. Non esistono domande facili per chi non ha studiato o non ha seguito la lezione. E comunque non riesco a prescindere da un impegno minimo. Anche per questo ricorro all’insufficienza quando pure dopo numerose richieste, un determinato lavoro non mi viene comunque consegnato. Mica studiamo Plotino o i buchi neri: voliamo molto più basso.

Accade dunque che a fine anno, su oltre un centinaio di allievi, ce ne sia un pugno la cui media matematica staziona al di sotto della soglia minima.

Sono ragazzi che non hanno studiato, certo, ma non è solo questo. E, seppure non ricordino le tabelline, hanno imparato bene a calcolarsi la propria media. E quella altrui, talvolta.

A fine aprile comunico chi può stare tranquillo e chi no. Poi faccio ancora almeno una prova, preannunciandola con forte anticipo.

A metà maggio mi rivolgo solo a chi è rimasto sotto la linea e propongo soluzioni quali lavori di recupero, interrogazioni su argomenti circoscritti e specificati.

Quest’anno ne ho impallinati tre.

Il primo mi ha scritto un tema di nove righe sull’Europa. Ma l’ha copiato da Internet tramite cellulare durante la prova in aula.

Il secondo non si è presentato a un’interrogazione che avevamo concordato e procrastinato più di una volta. Aveva da fare, mi ha detto.

Il terzo perché, durante l’interrogazione della salvezza, non ha saputo dirmi quanti (quanti, non quali!) fossero i continenti.

Questi ragazzi diventeranno saldatori, meccanici, elettricisti. Un bravo elettricista non è tenuto a sapere quanti sono i continenti, non sarà più bravo se saprà snocciolare l’elenco dei sette re di Roma. Dunque perché bloccarlo?

Perché non ci ha nemmeno provato, rispondo. Perché non mi ha dimostrato di volersi impegnare, di essere responsabile e rispettare gli accordi. Queste sono prerogative che rendono migliore un idraulico, un saldatore o un carrozziere. Se a sedici anni manca completamente la responsabilità bisogna farlo notare, bisogna ricordare che i patti devono essere rispettati, altrimenti dalla categoria professionisti si passa alla categoria cialtroni, giù per uno scivolo dalle pareti tremendamente lisce.

Aggiungo poi che sapere qualcosa riguardo alla cultura generale, forse non lo renderà un professionista migliore, ma una persona più consapevole, probabilmente sì.

Nonostante questo, ogni allievo non promosso mi lascia un dubbio aperto: ho fatto tutto il possibile oppure ho semplicemente contribuito a liberarmi di un rompiscatole? E che fine farà, il rompiscatole? Avrà un’occasione migliore di quella che ho saputo offrirgli io nel tempo che abbiamo trascorso insieme? Spengo la luce, provo a dormire.

Pubblicato da divarioscolastico

Faccio formazione nei CFP e nelle agenzie formative da 15 anni.