Hi DaD!

CNOSSO

La didattica a distanza (DaD) è stata impegnativa. È stata molto noiosa. È stata anche poco utile: non mi pare di avere insegnato un granché; mi sembra piuttosto di avere semplicemente trasferito file e parole.

È servita a non affondare, lo riconosco. Alcuni allievi hanno pure ammesso che è molto meglio andare a scuola. Alcuni, mica tutti. Senza dubbio è un risultato, non è eclatante, ma ci si può accontentare benché io sia propenso a credere che l’apprezzamento per la scuola fosse dovuto alla nostalgia per le relazioni con i compagni più che per la didattica in presenza.

Quindi temo, anzi, pavento, il suo ritorno. Parafrasando David Foster Wallace direi: Una cosa poco divertente che non vorrei più fare.

In base alla regola che la realtà non è tutta bianca o nera, ritengo che la didattica a distanza non sia tutta da buttare: se progettata con finalità specifiche e con tempistiche non stringenti, in piccole dosi e per determinate materie, può svolgere egregiamente un ruolo istruttivo.

Un giorno la pandemia sarà finita. La mia speranza è che non vengano dimenticate la sofferenza, le difficoltà, le latitanze (presenti in tutti i lati del triangolo formativo: formatori, allievi e genitori), i dispositivi inadeguati, la debolezza della rete di trasmissione dati, le cucine, i salotti, le librerie alle spalle delle facce stanche, le ore di telefonate per capire, spiegare, chiarire.

Penso che il Covid-19 sia stato un cavallo di Troia: un virus è entrato nel nostro sistema formativo scatenando reazioni varie, dal panico all’ostentazione, dall’alterigia alla sindrome dell impostore. Non eravamo pronti, nonostante gli ormai numerosi dispositivi elettronici per la didattica, convegni sulle classi rovesciate e sulla formazione tra pari, gli esempi luminosi di lezioni trasmesse in luoghi impervi o semi-desertici. Abbiamo anche rispolverato le lezioni televisive del maestro Manzi, Quark, Superquark, RaiScuola, Treccani e tanti nonché virtuosi altri esempi.

Ritengo che nei programmi scolastici sarà sempre più presente l’eventualità di futuri confinamenti. La didattica a distanza potrebbe alleggerire il carico antropico su strutture scolastiche inadeguate. Può alleggerire il traffico urbano, può risultare comodo a qualche genitore trafelato o a qualche famiglia in difficoltà.

A piccole dosi farebbe la sua parte, potrebbe essere una nuova sfida che aiuta a tenere in piedi la baracca.

Ma la struttura portante della scuola resta la magia che si crea in un’aula di lezione. Le aule sono un’arena e un palco e mi piace starci dentro. Mi piace usare il non verbale per comunicare a un livello diverso. Mi piace ridere e arrabbiarmi, mi piace che il suono della campanella sia talvolta una liberazione e talvolta una rottura. Va bene, anche Meet, Skype, Zoom e tutto il resto sono relazione, si potrebbe dire. Ma se domandiamo a un hikikomori quanto si senta in relazione con il mondo probabilmente ci risponderà che si sente perfettamente relazionato. Scuola non è solo apprendimento, in buona parte è stare con gli altri. Mi allargo e aggiungo anche la sua funzione di difesa della comunità, cioè della democrazia, ma non vorrei appesantire troppo le già numerose aspettazioni che la riguardano.

Forse sono troppo vecchio, non ho più voglia di apprendere nuove applicazioni informatiche, forse mi manca l’agilità mentale per vedere una scuola del futuro in cui si sviluppino relazioni in modi e vie che non riesco a immaginare e #andràtuttobene in barba ai miei pensieri obsoleti. Ma gli sguardi, le posture, le battute, i gesti… perdendo questo credo che #saremmotuttiimpoveriti.

Pubblicato da divarioscolastico

Faccio formazione nei CFP e nelle agenzie formative da 15 anni.