Il ’68, il ’77, il riflusso

bandieraCon alcune classi partecipiamo a un progetto di diffusione della lettura nelle scuole. Una delle iniziative del progetto prevede l’incontro con l’autore (Fabio Geda) di un libro che, ovviamente, ci impegniamo a leggere.

La lettura è una delle attività che caldeggio con i ragazzi. Non ho ancora trovato l’argomento convincente e sono indeciso su come schierarmi tra chi ritiene che, almeno inizialmente, si debbano obbligare gli studenti a leggere e chi ritiene invece che – come scrive Pennac – il verbo leggere non regga l’imperativo. Io li obbligo, ma solo una volta all’anno.

L’incontro con l’autore è un diversivo per alcuni, mentre per altri è una delle tante attività irrilevanti che accadono in un istituto di formazione.

Iniziamo in aula la lettura del libro: temo che se li obbligassi a leggere il libro per conto proprio mi troverei a spingere i non lettori e a frenare i lettori costringendoli a ritmi rallentati. Chiedo loro di leggere un certo numero di pagine durante le vacanze natalizie.

Al rientro a scuola, uno dei più restii alla lettura mi dice che il libro è difficile. Ci sono frasi che non riesce a capire. Gli rispondo di evidenziarle così le leggeremo insieme in aula.

Le frasi troppo difficili risultano poi essere una sola, un unico periodo effettivamente un po’ lungo:

“C’è chi ha costruito l’Italia nel dopoguerra. Chi è nato negli anni Cinquanta ha fatto il ’68. Chi è nato negli anni Sessanta ha attraversato il ’77. Chi invece è nato negli anni Settanta, in Italia, è stato sedato da un decennio di edonismo e disimpegno. L’unica volta che la mia generazione ha tentato un colpo di reni è stato nei mesi precedenti al G8 di Genova del 2001, con il lavoro di preparazione agli eventi tematici, e poi in quei giorni dolorosi. Io c’ero. Abbiamo preso un sacco di botte e siamo scomparsi.”

Chiedo cosa non ha capito e viene fuori che non è un problema di comprensione del vocabolario o della sintassi. È un problema di conoscenza: il ’68, il ’77 e tutto il resto, a parte l’11 settembre, non ha idea di cosa siano. Poi, certo, anche ‘edonismo’ è una parola ignota.

Io però resto con il cerino in mano. Pazienza per il ’77, la storia non lo ricorderà tra le pietre miliari del XX secolo, ma come si fa a spiegare cosa è stato e quali cambiamenti ha portato il ’68 a ragazzi che non conoscono nemmeno cosa sia la Rivoluzione Francese? Il poco tempo che ho a disposizione preferisco impiegarlo a illustrare la Rivoluzione Francese, quella bolscevica e poi la Guerra Fredda. Il fascismo, la Shoah e la resistenza. Se avanza qualcosa ci si potrà dedicare al ’68 e agli anni di piombo. Loro si faranno i bigliettini solo degli argomenti sui quali ci sarà una verifica.

Mi rendo conto che forse il libro non è adatto ai miei studenti. Presuppone conoscenze che loro non hanno e una formazione umanistica da cui sono fuggiti entrando in un CFP.

Un giorno lontano potrebbe accadere di scoprire che la rivoluzione studentesca avrà generato ricadute sociali più significative della presa della Bastiglia. Mi dico che non si può spiegare tutto, che anche io so poco delle foibe, del brigantaggio e del 1848, solo per restare a casa nostra.

Ma mi chiamano “prof” comunque.

Pubblicato da divarioscolastico

Faccio formazione nei CFP e nelle agenzie formative da 15 anni.