La formazione e la scuola “da in piedi”

Lorenzo Parelli e Giuseppe Lenoci , entrambi scomparsi a causa di due incidenti sullo stage, erano ragazzi che avevano scelto la formazione professionale. L’interruzione prematura di un’esistenza è sempre una brutta notizia, ed essendo io parte di quel mondo non riesco a non pensare alla loro vita interrotta, alle famiglie, ai loro insegnanti e ai colleghi di lavoro. Quando il futuro non c’è più diventa inutile ogni parola.

Scegliere la Formazione Professionale non è una scelta tra le tante possibili, ma è la scelta di un preciso tipo di apprendimento. Chi la compie in linea di massima non ama i libri, lo studio teorico, le aule scolastiche. È una generalizzazione, ma so che non è sbagliata. Ci sono, com’è ovvio, molte eccezioni, ma a grandi linee chi arriva in un Centro di Formazione Professionale non ha un buon rapporto con il sapere teorico. Per molti di loro la scuola è stata un’esperienza faticosa e pensano che quanto prima si chiude tanto meglio è.

Forse era così anche per Lorenzo e per Giuseppe. Forse. Quel che è sicuro è che avessero scelto la Formazione Professionale, un tipo di scuola più orientata al fare che al sapere. Una scuola che si fa stando in piedi più che seduti in un banco. Un ambiente dove ci si muove, dove si usano le mani e gli utensili, dove si fatica fisicamente e ci si sporca.

Le disgrazie accadono dovunque, nessuno ne è immune, ed è più facile che accadano quando il corpo viene usato attivamente: è più facile che si faccia male uno sciatore che non un giocatore di scacchi.

I mesi formativi dedicati alla pratica sul campo – lo stage – sono un’esperienza che gli allievi aspettano: sono contenti di uscire dalla scuola per andare a “lavorare”. Al ritorno dallo stage sono in genere entusiasti (non tutti, ma la maggioranza) dell’esperienza pratica e faticano il doppio a stare seduti in aula.

In tanti hanno attaccato gli stage dopo la morte di Lorenzo e Giuseppe. Sicuramente la pratica che li prevede durante il percorso scolastico è migliorabile, sicuramente esistono eccessi che andrebbero controllati meglio, illegalità piccole o grandi che permettono agli imprenditori di godere di manodopera a bassissimo costo. Sia chiaro che questo non è giusto e non rispetta gli adolescenti e le loro famiglie, il mondo del lavoro, il mondo della Formazione Professionale, la legislazione.

Ma scagliarsi tout court contro gli stage e contro la formazione che li prevede, come è accaduto, non è corretto perché si è guardato all’argomento solo con gli occhi della sofferenza. Dire che la scuola dovrebbe essere un luogo sicuro è un’affermazione come tante. La vita dovrebbe essere un luogo sicuro. Ma non sempre lo è. È migliorata rispetto a quando si andava a caccia di mammut, ma molto resta ancora da fare. Bisognerebbe ricordarsi che oltre alla sofferenza (sempre dietro l’angolo) c’è anche la forte possibilità di vivere un’esperienza positiva.

Non avrebbero dovuto accadere le disgrazie di Lorenzo e Giuseppe (benché in circostanze diverse), questo è fuori discussione. Se qualcuno ha commesso errori o azzardi è giusto che paghi per i propri errori. Ma Lorenzo e Giuseppe avevano scelto la Formazione Professionale anche a causa della presenza dello stage, anche perché è una scuola dove si impara da in piedi e non da seduti, dove si è attivi e non passivi (e ci sarebbe molto da dire sull’inattività di alcune lezioni da seduti). Poi la fatalità, la superficialità, l’affarismo o chissà che altro ha causato la disgrazia.

Difendo la prassi dello stage, lo ritengo utile e positivo per gli allievi. Se è svolto con oculatezza, badando all’apprendere più che al produrre, se avviene in sicurezza allora è un potente strumento di apprendimento, non solo pratico. Quando è invece un modo per trovare forza lavoro a basso costo o per avere a disposizione qualcuno che svolga attività frustranti e poco formative, allora è un ulteriore affronto nei confronti dei ragazzi. Non ne hanno sicuramente bisogno.

Cancellare gli stage è cancellare un’opportunità per chi vorrebbe la scuoladainpiedi, cioè una formazione che richiede partecipazione attiva, movimento, lavoro; una scuola a pieno diritto, che trasmette valori professionali e va incontro a reali prospettive di occupazione. Chiedere più sicurezza, maggiore rispetto del neoassunto, osservanza della legge, è sacrosanto. Scagliarsi senza distinguo contro l’istituto dello stage, come se fosse una roulette russa, è una forma di indignazione vagamente grossolana.

Pubblicato da divarioscolastico

Faccio formazione nei CFP e nelle agenzie formative da 15 anni.