Lamenti

Sole triste- San Lorenzo – BV

Dal 19 luglio scorso ho smesso di lavorare. Sommando recuperi e ferie, tornerò al lavoro lunedì 3 settembre. La somma fa 46 giorni consecutivi di vacanza.

Quanti sono i lavoratori che si possono permettere una simile fortuna?

Leggo in questo articolo di orizzontescuola.it che un insegnante su due è insoddisfatto del proprio lavoro. La metà degli insegnanti è scontenta. Se la metà di qualcosa è infelice, o anche solo negativa, come può andare bene per la metà positiva? Una coppia infelice per metà non è una coppia serena. Se brucia la metà degli alberi di una foresta, la foresta è rovinata. Una pizza buona per metà… ok, ci siamo capiti.

Perché siamo a un tale livello di insoddisfazione?

Sicuramente perché gli insegnanti si trovano a ricoprire più ruoli contemporaneamente: sociologo, psicologo, mediatore culturale, animatore digitale… Cose che non hanno studiato all’università.

Lo stipendio. Che è basso, secondo la maggioranza degli insegnanti.

Poi ci sarebbe il divario tra le risorse disponibili e quello che si vorrebbe fare: una storia risaputa.

Anche l’ambiente di lavoro lascia in genere a desiderare. Le scuole sono vecchie, malandate, asfittiche, trascurate.

E pure il clima all’interno del luogo di lavoro è disarmante. Triste, dimesso, conflittuale nei confronti di forze interne (i colleghi) ed esterne (le famiglie).

Infine gli allievi. Maleducati, irrispettosi, svogliati, viziati e potrei andare avanti per un po’.

Come conseguenza di tutto ciò l’insegnante si sente un fallito. Da qui l’insoddisfazione, se non peggio: depressione, burn-out, esaurimento. Al cinquanta per cento.

Non c’è via di scampo. Ma c’è bisogno di una via di uscita?

 

Io da oggi ho 46 giorni di vacanza e ne avrò altri 15 a Natale. Se mi lamentassi non sarei credibile.

C’è un mucchio di gente che in questo momento è al lavoro e sta peggio di me. Sta asfaltando un’autostrada, sta trasportando un feretro, sta recapitando pizze con la bici, sta scavando carbone, sta telefonando a qualcuno per vendergli qualcosa. Secondo Scott Dinsmore, fondatore di Live Your Legend, l’ottanta per cento delle persone non ama il lavoro che svolge.

Gli insegnanti sono insoddisfatti al 50 per cento. Tutto sommato siamo già messi molto meglio.

Tanti anni fa, quando non ero un formatore, qualcuno mi disse che se lavorare fosse stato bello, nessuno ci avrebbe pagati per farlo. Riconosco che come parametro per definire il corretto livello di stipendio è un’affermazione un tantino rozza, ma un’idea vaga la può dare. I lavori sgradevoli devono essere pagati meglio. E aggiungo anche quelli difficili, quelli scomodi, quelli sporchi, o svolti in condizioni ambientali proibitive.

Se qualcuno è davvero convinto che insegnare sia scomodo, proibitivo, difficile, sporco allora credo che costui o costei siano da iscrivere nella suddetta maggioranza dell’80 per cento.

Insegnare è passare il tempo a indagare il mondo, cioè a dare seguito alle proprie curiosità. Cosa che pochi possono fare sul lavoro. Anche trasmettere il proprio sapere è una cosa che pochi possono permettersi sul lavoro ed è gratificante che qualcuno segua qualcun altro a cui riconosce competenza e autorevolezza. Insegnare significa anche ricevere gratis un sacco di energia da chi è più giovane. C’è poi la riconoscenza, in quantità talvolta così corpose da essere difficilmente gestibili. Con cautela, perché è un argomento delicato, ma c’è anche l’esercizio del potere: premiare o non premiare è in un certo senso amministrazione di giustizia ed esercizio del potere.

Insegnare è svolgere una ruolo cardine nello sviluppo della personalità.

Queste sono cose meravigliose, quasi come essere genitore. Con la differenza che un insegnante non passa notti insonni, non è angosciato per la sofferenza dei figli, non è afflitto per la loro sorte futura. Lo è in alcuni casi, ma in dose minore, facilmente assimilabile.

Va bene, esistono nel mondo insegnanti pagati meglio rispetto a quelli italiani. So però che ne esistono molti di più che sono pagati peggio (senza avere due o tre mesi di risposo all’anno). So anche che il mio stipendio non mi permette grandi spese, ma mi permette di non avere grandi preoccupazioni.

Infine sono consapevole che il ruolo dell’insegnante è ormai svilito e ha perso molto in termini di considerazione sociale. Mi pare però che siano tanti i mestieri che hanno perso molto nel senso della considerazione sociale: credo sia dovuto al fatto che è diminuita l’umiltà, o è aumentata l’arroganza, vedete voi. Hanno perso considerazione i medici, i ragionieri, i marescialli, gli avvocati… Solo gli chef hanno incrementato il loro prestigio. Finché la televisione non deciderà che può bastare. Sono pochi coloro che hanno aumentato la propria considerazione sociale negli ultimi cinquant’anni: le persone di spettacolo (gli chef) e gli sportivi. Ciò è avvenuto perché i mass media sono entrati pesantemente nelle nostre vite. Televisione e Internet stanno vincendo perché noi, soprattutto insegnanti e genitori, non crediamo più nel nostro ruolo, ci stiamo arrendendo.

Quando si informano sul nostro lavoro dovremmo rispondere che stiamo in trincea contro la televisione e Internet. Non aumenterebbe il nostro stipendio, ma di sicuro troveremmo nuovi stimoli per non sentirci inutili e insoddisfatti. Perché la soddisfazione non si annida nella quantità di denaro ricevuto. Se così fosse basterebbe trovare un lavoro pagato meglio, e ce ne sono tantissimi. Il problema è trovare stimoli, entusiasmo, appagamento. Queste sono le cose che tutti cerchiamo, infine. Parafrasando Proust: “Lasciamo il denaro alle persone senza immaginazione”. Noi, i formatori, gli insegnanti, abbiamo ben altre soddisfazioni.

Pubblicato da divarioscolastico

Faccio formazione nei CFP e nelle agenzie formative da 15 anni.