Severità

Severità

Il Corriere della Sera del 24 gennaio 2018 offre l’occasione di ragionare sugli insegnanti con tre articoli. Li firmano Angelo Panebianco, Pierluigi Battista e Tommaso De Luca, preside dell’Istituto tecnico “Avogadro” di Torino.

L’editoriale di Panebianco si apre con queste parole: “Bisogna chiedersi se il nostro sistema educativo non sia diventato, per una parte non piccola, un sistema (dis)educativo, un sistema che produce ignoranza anziché istruzione”. Sintetizzo il prosieguo dell’articolo con una semplificazione un po’ grossolana: A – La scuola produce ignoranza, B – gli ignoranti sono creduloni, C – la sprovvedutezza dei creduloni genera una democrazia fragile, D – da una democrazia fragile discendono effetti deleteri alla sfera pubblica. L’autore se la prende con la scuola che ha smesso di produrre cultura, una scuola in cui ci sono “presidi (non tutti, naturalmente) che non vogliono bocciature per timore dei ricorsi ai Tar, e insegnanti rassegnati (o anche semplicemente incapaci) che seguono la corrente: la tacita e generale richiesta è che si promuovano gli impreparati? Che problema c’è? Li promuoviamo e basta.” Panebianco rimarca come “nel Paese ove i diplomi hanno valore legale e dove, per di più, vige l’obbligatorietà dell’azione penale, presidi e insegnanti di certi istituti superiori noti per il fatto di dare voti altissimi a tutti non siano mai stati perseguiti (e nemmeno indagati) per falso ideologico e truffa.” La scuola ha smesso di produrre sapere anzi, al contrario, genera ignoranza la quale, a sua volta, costituisce una società superficiale. Gli insegnanti sono rassegnati o semplicemente inadeguati.

Cosa scrive Pierluigi Battista? Scrive di intestazione delle vie. A Roma si propone di cambiare il nome delle strade dedicati a tre scienziati che non ebbero nulla da eccepire alle leggi razziste varate nel ’38 dal regime fascista. Accettarono le discriminazioni antiebraiche e ottennero anche il riconoscimento della titolazione di una via. Riconoscimento ancora in vigore.

I docenti universitari che si rifiutarono di giurare fedeltà al fascismo furono dodici. Non sono in grado di dire quanti fossero all’epoca i docenti universitari, ma mettiamo che fossero mille, sebbene sia plausibile che fossero molti di più. Dodici su mille danno comunque l’impressione di un corpo docente pavido, opportunista, prono. Evidentemente tutti quanti “tenevano famiglia”. Battista propone di sostituire i nomi di coloro che accettarono la vergogna delle leggi fasciste con i nomi della dozzina che non si piegò. Docenti erano quelli e docenti erano questi. Ma non si trattava della stessa pasta. Scrive Battista: “la loro semplice testimonianza avrebbe dimostrato che l’umiliazione poteva essere evitata”.

Nella rubrica “Scaffale Milano”, sulle pagine locali del quotidiano, Tommaso De Luca scrive: “Nella scuola oggi i ragazzi non sembrano stare bene. Disturbi dell’apprendimento, nel comportamento, bullismo, gravi patologie psichiatriche, abbandoni scolastici e persino il ritiro dai legami sociali di quei giovani che non escono più dalla propria camera: gli hikikomori. Né stanno meglio gli insegnanti per i quali sempre più spesso parliamo di sindrome da burnout, la patologia che interessa un lavoro psicofisicamente usurante. Guardiamo allora con occhi diversi alla scuola che è il mondo delle relazioni. Fuori dalla relazione non esiste alcun insegnamento, alcuna trasmissione di sapere; i maestri veri insegnano non con le parole, ma con l’esempio.”

Ho messo insieme questi tre interventi perché mi sembrano il paradigma di cosa è diventata la categoria degli insegnanti. Da una parte ci sono i cattivi insegnanti, quelli che “tengono famiglia”, generano allievi creduloni e acritici portandosi a casa uno stipendio rabbioso, frustrato, avvilito. Eppure è il medesimo stipendio degli insegnanti eroici, quelli che credono alla relazione, che privilegiano l’esempio, tentano di sviluppare il senso critico più che l’informazione esatta e così facendo dimostrano molta cura per la qualità dell’insegnamento.

Si domanda Panebianco: “Al di là di quale soglia una massa di diplomati, ma ormai da un pezzo anche laureati, senza qualità e senza vera istruzione, comincia a esercitare effetti negativi sulla sfera pubblica? Forse quella soglia è stata superata.”

Una lettura severa delle parole di Panebianco fa dedurre che una cattiva scuola ha generato cattivi insegnanti che stanno generando cattivi cittadini (e futuri insegnanti). Coloro che si oppongono, che resistono, a volere dare una lettura severa anche dell’articolo di Battista, sono una minoranza destinata al confino. E – sempre a essere severi – le parole scritte da De Luca ci dicono che chi è storto non può dare l’esempio di rettitudine visto che un vero maestro insegna soprattutto con l’esempio.

Una scuola mediocre ha generato una società mediocre. O viceversa? Fu il fascismo a generare docenti universitari pavidi o furono costoro a generare il fascismo? Di chi sia la colpa è una questione ormai poco importante. Ciò che importa è che la questione “severità, rigore, fermezza” è diventata un tale campo minato che se fossi saggio questo articolo non lo pubblicherei.

Pubblicato da divarioscolastico

Faccio formazione nei CFP e nelle agenzie formative da 15 anni.