Studiare storia – 2

Mentre scrivo si va verso la fine della Fase Uno, benché il concetto di “fase” appaia controverso. Si parla di riaperture, ma non ci sono ancora informazioni relative a quando potremo dire che l’emergenza sarà finita. Il tempo va e noi viviamo esperienze inedite, lente e prolungate.

Poiché c’è una certa concordia di pareri sul fatto che per il vaccino la strada sarà ancora lunga, l’unica cosa verosimile, al momento, è che le riaperture delle varie attività avverranno per gradi. Non ci sono certezze, tranne il fatto che le scuole non riapriranno a maggio. Quindi l’anno scolastico è finito.

Anche questa è una novità cui non sappiamo come reagire. Siamo immersi in situazioni che dobbiamo affrontare improvvisando. In più ci sono anche da tenere d’occhio le tante false informazioni che, in situazione di incertezza, sbocciano come primule.

Cosa fare quando l’indeterminatezza è la sola piattaforma su cui poggiare?

Quando non si sa più che fare, si studia la storia. Si percorre la memoria del genere umano fino a quando si trova un periodo che presenti analogie con il tempo presente. E si cerca di capire cosa è stato fatto, quali furono gli errori e quali le strategie efficaci. Cosa è accaduto durante la Peste Antonina nel secondo secolo dopo Cristo? O durante la Peste nera, quella del Decamerone? E, più recentemente, cosa è accaduto durante e dopo l’influenza Spagnola?

Studiare la Storia non ci darà soluzioni immediate, non permetterà di estrarre il coniglio dal cappello, né ci fornirà il piatto pronto da mettere in tavola: è però una base su cui lavorare senza doversi muovere alla cieca, per tentativi, come se Covid-19 fosse la prima pandemia affrontata dal genere umano.

La storia se l’è segnato che ce ne furono altre e ci racconta cosa fecero i nostri avi in quelle situazioni. La realtà è sicuramente diversa: oggi abbiamo medicine che in passato non esistevano, abbiamo spostamenti veloci, informazioni costanti, popolazioni più numerose e quindi gli eventi non sono esattamente sovrapponibili. Ma questo non vuol dire che le differenze rendano inutili le esperienze del passato. Io entro in aula da tanti anni ormai e non mi è mai accaduto di fare una lezione identica a un’altra. Ma grazie alle varie esperienze del passato ho capito su quali temi insistere, quali comportamenti tenere, dove porre enfasi. Sono competenze che derivano dalla mia storia, cioè dalla mia esperienza precedente, fatti accaduti in passato che mi aiutano oggi. Sono una memoria che io scelgo di usare o non usare, di condividere o no, di fermare o lasciare andare. Le mie esperienze non entreranno negli archivi storici, ma saranno la mia guida, nei giorni futuri.

La storia è come una gelateria in cui sono esposti tutti i gusti: forse non abbiamo mai assaggiato i gelati di quella gelateria in particolare, ma sappiamo cosa è il gelato al limone o al cioccolato: li abbiamo sperimentati presso altre gelaterie. Non sceglieremo dunque il cioccolato sperando che rassomigli al sapore del limone: la nostra esperienza ci dice che probabilmente il cioccolato ha un gusto simile in ogni gelateria. Ci è venuta in aiuto la nostra memoria, cioè la storia.

Anche la vita di ogni singola persona è un percorso storico in cui impara dal proprio passato.

Le esperienze del mondo, giuste, sbagliate, storte, tragiche, gloriose, entrano nella sua storia. Studiare la storia vuol dire acquisire gli strumenti per scoprirle, leggerle e interpretarle. E forse fare il passo giusto.

Pubblicato da divarioscolastico

Faccio formazione nei CFP e nelle agenzie formative da 15 anni.