Un tema

Qui sotto c’è un tema scritto da un ragazzo del terzo anno di un CFP. Non il CFP in cui lavoro io.

Il ragazzo si chiama Umberto.

Ho aggiunto un intervento tra parentesi quadre, per rimediare a una dimenticanza.

Traccia: Mentre noi esseri umani impariamo lentamente dai successi e dagli insuccessi nostri e delle persone a noi più vicine, le macchine imparano istantaneamente dai successi e dagli insuccessi di numerose altre macchine connesse, anche se distanti. La quarta rivoluzione industriale riguarda un massiccio utilizzo di tecnologie legate all’Intelligenza Artificiale (IA) e questo genera incertezza e ansia per la possibile perdita di posti di lavoro e l’insorgere di ulteriore disoccupazione.

Quali sono le tue considerazioni riguardo al futuro del mondo del lavoro? L’Intelligenza Artificiale ti spaventa o ti affascina? Credi che ci saranno più opportunità di lavoro o temi che le macchine ci espelleranno dal lavoro attivo condannandoci alla disoccupazione?

 

Uomo e macchina, ecco il paragone imminente che l’uomo si trova a fare ormai negli ultimi anni.

Se un tempo l’uomo era affiancato dal meccanismo, ora, nel presente attuale che stiamo vivendo, per vari fattori è la macchina a concedersi per il mero seguito e riparazione. Non è distopia… è un processo partito dalla rivoluzione industriale, anche prima, agli albori dell’ingranaggio, dove la razionalità e l’ingegno umano (forse ancora per poco) dettarono le orme del cambiamento storico.

Da allora il danaro, l’economia, l’esistenza cessarono di moto lineare, gettandosi in un’oscura crescita a capofitto esponenziale nel mare del progresso.

Due essere, se così si può dire – se è possibile concedere l’attributo di “esistere” alla macchina – paragonabili…, il quesito filosofico è mastodontico.

Quando penso a un essere in grado di muovere, decidere una situazione, inevitabilmente prende piede le persone nel ragionamento, dato che l’attributo decisionale è sempre stato assegnato all’umano, forse temiamo comprensibilmente il confronto e la sfida con qualche “cosa” di altro (da noi creato) e il concepire una realtà: economica, sociale, culturale in cui l’intelletto è assoggettato a ciò di nostra competenza, ipotizzo, sia di per sé la più grande sfida, in termini di tempo, adattamento maggiormente di controllo.

Bisognerà ineluttabilmente ribaltare completamente i paradigmi del qui e ora; non ci sarà più, immagino, una norma di controllo su ciò che potrebbe avere raziocinio, capacità di intendere e di volere il proprio bene e quello altrui della nostra società.

Mi rendo conto che sono innumerevoli i forse, ma altrettanto saranno nel futuro concepibile i cambiamenti che ci troveremo a dover fare, nel lungo raggio, per via dell’incontrollabilità e dell’incertezza del fenomeno “Tecnologia” così radicato e invasivo.

Quali modi abbiamo per dominare la tecnica? e, se li abbiamo, basteranno in futuro?

Come precedentemente esposto equiparare, mettere a confronto uomo – macchina artificiale dà l’idea distorta di similitudine, di medesime potenzialità. Cosa ci rende diversi da un “creato”, nel momento in cui non esiste la capacità di autoconsapevolezza, un essere può dirsi razionale? È opinione comune che l’autocorrezione, il poter autonomamente gestire il proprio intelletto come parte “esterna” del proprio corpo sia elemento umano, ma ormai da decenni la visione/teoria pragmatica e impersonale del “cervello meccanico” non ha più sostenibilità argomentativa per il cambio di ideologie.

Fino a quando l’Intelligenza Artificiale non darà prova di sicurezza, attendibilità ai controlli, penso che difficilmente vedremo libero commercio di essa, questo per via dei molteplici fattori di rischio e sicurezza.

Il cambiamento maggiore della socialità, avviene quando l’uomo non percepisce più feed-back, cioè contatto umano e si crea una bolla catastrofica in cui all’interno di essa scompare l’empatia lasciando gli stati d’animo essenziali per l’auto-comprensione e quella altrui [la propria e l’altrui comprensione] in una fase di stallo. Le macchine automatizzate da un lato potrebbero concederci più tempo per la relazione umana, per coltivare noi stessi con i nostri interessi, dall’altro influenzerebbe i più disparati lavori come la delicata diagnosi del medico.

Potremmo irrimediabilmente essere marginalizzati e credo che il senso di inutilità incrementerebbe problemi psicologici e fisici delle persone.

Vivere senza lavorare è un qualcosa di incomprensibile per buona parte della società: in particolare si pensi alla nostra Costituzione che cita come suoi valori fondanti lo stesso “lavoro, cambierebbe il tempo per come lo viviamo e la percezione che abbiamo di esso.

Aumentare le produzione a qualsiasi costo, a discapito del pianeta, senza un ordine di importanza, non è a mio parere, la strada del progresso, umano e tecnologico. Nel momento in cui il proliferare di novità non segue la logica del “creo perché è utile” ma “creo perché si può creare” i termini dettati e riconosciuti unanimemente della crescita sostenibile svaniscono. Secondo Umberto Galimberti, filosofo e psicoanalista “Oggi la tecnica non accade come conseguenza delle azioni umane, ma come risultato cumulativo delle proprie procedure” quindi credo serva un’inversione di tendenza

Credo nel pensiero unico (per ora umano) sia l’arma più potente, capace di cambiare il mondo e proprio dal “cogito” si potrebbe e si può reinventare, modificare, il corso delle cose e dell’economia individuale presente.

Parlo di qualità della vita, interazione, benessere comune, non è un’utopia. Nel momento in cui noto un errore da correggere, devo avere l’umiltà di farlo, cosa che questo sistema evita esplicitamente.

Invertire la rotta in una decrescita sarebbe utile.

Esisterà per sempre un “di più”, un “miglioramento”, un “potenziamento” e se questo porterà all’estinzione per mancanza di freni morali dell’essere umano? Ogni creazione umana dovrebbe, come ipotizzato da molti filosofi, [essere] un mezzo mai un fine ultimo a cui aspirare.

Non riesco a immaginare un eventuale presente prossimo in cui uomo e macchina coopereranno per il cambiamento, ma credo nella capacità umana di meditare su se stesso e sull’esistenza; soltanto dal dubbio può scaturire un cambiamento, un innovazione della realtà e se questa riflessione avrà luogo nell’intelletto di un automa accoglieremo il nuovo presente con fiducia nel progresso.

Da secoli uno dei motori delle riflessione può essere la religione che lega il tessuto sociale; altrettanto importanti sono le materie umanistiche poste un domani come caposaldo della nostra individualità nell’esistere come “persone”. Poterci capire e capire è sostanziale nella vita per me, sarà utile prossimamente preservare legami e gli affetti per non confonderci e farci sostituire dalla macchina.

Pubblicato da divarioscolastico

Faccio formazione nei CFP e nelle agenzie formative da 15 anni.